L'"Hospitali Sancti Lazari"
Anticamente, nella zona est fuori la città di Asti, lungo la strada Giulia verso Alessandria, era sorto l'ospedale di San Lazzaro, a cui venne accostato il nome di "lazzaretto": a quel tempo nel nord Italia tutti gli hospitali adibiti alla cura dei lebbrosi venivano chiamati come il primo "lazzaretto" costruito a Venezia nel 1468, sull'isola di S. Maria di Nazareth, per ricoverarvi in quarantena gli ammalati di peste. Tale struttura verrà chiamata volgarmente “nazarethum” o “lazarethum” per assonanza con il nome Lazzaro. È possibile che però vi fossero installate delle cabane, baraccamenti provvisori come quelli localizzati sulle rive del Tanaro in rione San Paolo o su quelle del Borbore nel Borgo Torretta durante la peste del 1631.
San Lazzaro del torrente dei Lebbrosi
L'ospedale di San Lazzaro di Asti è già menzionato, seppur indirettamente, in un documento del 952 d.C. in cui i Re d'Italia Berengario II ed Adalberto concedono il diritto di navigazione del Tanaro al Convento di Santa Maria d'Asti (poi convento di San Bartolomeo d'Azzano, oggi scomparso) nel tratto che va dal Rivum Leprosorum (l'attuale rio Valmanera) al Rivum Anzani (oggi rio Azzano); l'ospedale con l'annessa chiesa fu adibito a luogo di cura per gli appestati e dei lebbrosi, ed infine degli infermi in generale.
Ci dice lo storico Incisa che i due edifici erano ubicati a levante della città, alla sinistra del rio Valmanera, sulla strada che porta ad Alessandria, rivolti verso il Monferrato.
In documenti del X secolo, l'ospedale è citato come Sancti Lazari apud Rivum Leprosorum, dove appunto il Rivum era il torrente Valmanera. Ancora nel 1600 il torrente era chiamato “dei Lebbrosi”.
Nel 1455, per decreto del vescovo di Asti, sette ospedali (tra quelli presenti in città): dei Mercanti, di S. Evasio, di San Lazzaro, di S. Maria Nuova, di S. Caterina, di S. Alberto e dei SS. Apostoli, furono riuniti nel solo ospedale di S. Marta, situato in corso Alfieri, presso la Piazza omonima, come ancora ricorda una lapide presente in loco.
Le guerre con gli spagnoli
Gli abitanti del borgo, sorto intorno a questi edifici, restavano però esclusi dalle mura della città e si rifugiavano in essa tramite la Porta di San Pietro.
Storicamente si è creduto che gli Agostiniani eremitani, giunti ad Asti nel 1517, si fossero sistemati nel Borgo costruendo la chiesa della Madonna delle Grazie; questa erronea interpretazione ha portato ad una lettura deviata della storia del territorio fuori porta San Pietro: è infatti risaputo che gli Agostiniani cercarono di stabilirsi presso la Chiesa di San Lazzaro, rilevandola promettendo di ricostruirla e di mantenerne l'ospedale in funzione acquistando anche vari campi in aderenza alla stessa, ma il parere negativo della Città li fece ripiegare su un appezzamento di terreno nel territorio di San Pietro (dove oggi sorge la WayAssauto).
Data la posizione strategica che questa architettura possedeva, le truppe Spagnole capitanate da Fabrizio Maramaldo ivi posero il proprio quartier generale, collocando le proprie batterie di artiglieria e cannoneggiando la città. Dopo una settimana di sanguinosi combattimenti, gli astigiani riuscirono a respingere le mire degli spagnoli. Dopo questi avvenimenti, il Municipio decise di abbattere gli edifici religiosi in quella zona, affinché il nemico non se ne potesse più servire, mentre la chiesa della Madonna delle Grazie fu risparmiata (in un primo tempo, ma abbattuta dopo poco). Agli Agostiniani fu concesso di trasferirsi in Città, in una zona compresa tra via XX Settembre e piazza Astesano, dove ancora oggi è presente il Vicolo delle Grazie.
Nel 1669 a seguito della guerra, la cappella campestre di San Lazzaro, fuori le mura di San Pietro, era stata trasformata in stalla usata dai soldati equestri destinati alla guardia della città; fu poi definitivamente abbattuta nel 1710 circa.
Il Pilone votivo di Corso Casale
Era presente nella zona antica sul corso Casale (all’angolo con l’attuale via Deledda) un pilone votivo settecentesco e le incurie nel tempo lo avevano reso molto danneggiato, tanto da non riconoscerne nemmeno più il dipinto se non nelle sue linee essenziali. Il pilone venne inglobato in una casa di modeste dimensioni, acquistata nel 1860 dal Sig. Carlo Stefano Gastaudo, che in seguito alla prodigiosa guarigione della figlia, colpita da grave malattia, fece restaurare nel 1890: il dipinto raffigurava un santo in abiti vescovili identificato con San Lazzaro dei lebbrosi, benedicente, sullo sfondo la rappresentazione della Città di Asti ed ai lati del santo due chiese, identificate erroneamente nel passato con San Lazzaro e Santa Maria delle Grazie degli Agostiniani. Nel 1965, la casa fu abbattuta per far posto al palazzo che oggi porta il civico 76 di corso Casale, e il dipinto venne recuperato dalla Sovrintendenza delle Belle Arti e attualmente si trova ancora presso il laboratorio di restauro del Prof. Nicola ad Aramengo.
In seguito all’impossibilità di riavere il dipinto, l’Associazione Borgo San Lazzaro commissionò a Giulio Prasso un nuovo dipinto, posto pochi giorni prima della Corsa del Palio 1991 sulla facciata del vecchio oratorio di San Domenico Savio, a perenne ricordo della storia del Borgo San Lazzaro.
Questo è un errore storico importante, perché nell’iconografia riconosciuta di San Lazzaro dei lebbrosi il santo non è un vescovo, ma un umile servo colpito da lebbra che si sorregge ad un bastone, con due cani che leccano le sue ferite cercando di alleviarne le sofferenze. Il pilone votivo presente nel borgo invece assomiglierebbe più ad un San Martino (vescovo) o ancora di più ad un Sant’Agostino (vescovo), o ad un altro santo che nulla ha a che fare con il San Lazzaro che ha permesso la genesi del borgo di Asti omonimo.
Nel 2012, durante la Festa Titolare, l'Associazione ha posto una nuova icona (realizzata da Fabio Lano) raffigurante San Lazzaro dei lebbrosi nelle sue vesti povere, sui ruderi della Chiesa a lui dedicata con alle spalle la Città di Asti, vista in modo fantastico come una sorta di "Gerusalemme celeste".
Sul finire del Settecento, San Lazzaro era compreso nella parrocchia di San Pietro e vi rimase fino al 1957, quando venne costituita la nuova parrocchia dedicata a San Domenico Savio.
Oggi è tra i più popolosi e comprende parte della zona industriale est della città di Asti.